Il Governo sembra intenzionato ad introdurre la rateizzazione del secondo acconto delle imposte, quello che si paga il 30 novembre.
Al momento la rateizzazione è prevista soltanto per la scadenza di giugno/luglio, quando si paga contemporaneamente sia il saldo dell’anno precedente che il primo acconto per l’anno in corso.
Con l’introduzione di questa novità ci si troverebbe a versare imposte per tutto l’anno, da un giugno all’altro.
Ogni anno, quando facciamo la dichiarazione dei redditi, siamo in grado di determinare esattamente le imposte dovute al fisco per l’anno concluso. Ecco, quelle stesse imposte (IRPEF) sono l’acconto dovuto anche per l’anno in corso.
Questo è il metodo tradizionale per calcolare l’acconto, ma nessuno vieta che possa essere modificato per renderlo più realistico.
Il problema reale però è un altro: il sistema di tassazione delle partite IVA è talmente complesso — tranne per i forfettari — per cui è complicato determinare con precisione il reddito dell’anno su cui ricalcolare gli acconti. Vale la pena ridurre il dovuto soltanto se la diminuzione di reddito è significativa.
Se il versamento dell’acconto non è sufficiente, puoi comunque ricorrere al “ravvedimento operoso“, cioè il calcolo delle sanzioni ridotte + gli interessi in base al ritardo rispetto alla scadenza originaria.
Per darti un’idea: 1.000 euro versati con 6 mesi di ritardo costano circa 60 euro tra sanzioni ed interessi.