Il regime forfetario è un’introduzione relativamente recente nel panorama dei regimi contabili italiani.
Inizialmente pensato per partite IVA “minuscole” in sostituzione degli altri regimi agevolati, “minimi” e “nuove iniziative produttive”, è stato allargato ad una platea più ampia di utilizzatori, soprattutto per via del fatturato aumentato a 85 mila euro.
Cosa lo rende appetibile è una tassazione secca del 15% onnicomprensiva e l’esclusione da alcuni adempimenti fiscali odiati da imprenditori e commercialisti.
Come funziona il regime forfetario (in breve)
Il Regime forfetario è alternativo a quello ordinario, si paga una flat tax chiamata “imposta sostitutiva” che è appunto alternativa all’IRPEF e ai suoi scaglioni.
Il reddito si calcola applicando una percentuale al fatturato, variabile in funzione dell’attività svolta. I costi pertanto non sono mai quelli reali, ma “a forfait”.
Il regime forfetario rimane valido se non superi la soglia di fatturato e altre condizioni.
Per quanto riguarda l’INPS?
Le regole sono identiche tra regime forfetario e regime ordinario, con una sola particolarità: artigiani e commercianti possono richiedere la riduzione dei contributi INPS del 35%
Prima di aderire, però, devi considerare alcuni fattori che lo rendono poco conveniente:
Le considerazioni che dovresti fare sono queste:
Dati su cui riflettere per quanto riguarda l’INPS
Per un giovane può essere allettante versare meno contributi INPS per effetto della riduzione menzionata prima, ma se sei relativamente vicino all’età pensionabile, considera questo dato: 12 mesi di contributi versati ne valgono 8, 24 mesi ne valgono 16, ecc.
Con una riduzione del 35% anche gli anni accreditati si riducono di conseguenza, 6 anni di versamenti corrispondono a circa 4 effettivi.
Il regime forfetario è per molti versi conveniente per via delle semplificazioni che si porta dietro, ma non è necessariamente la scelta migliore per tutte le partite IVA.